Una notte movimentata in GreenLake Street

Quella notte Cole non riusciva a dormire. Si girava e rigirava nel letto, occhi sbarrati nel buio, e stringeva le coperte tra le dita congelate dalla paura. Sembrava che di colpo l'aria fredda che aveva avvertito in camera dei suoi, quel lontano giorno di qualche tempo prima, fosse tornata ad avvolgere la sua casa.
Rabbrividì sotto il piumone e batté i denti. Non era un comportamento usuale, per lui, ma il pensiero che il generale fosse tornato per tormentarlo faceva stare in allerta tutti i suoi sensi.
E se fosse andato da Aquene? Dai loro genitori?
E se d'improvviso il fantasma, tornato umano, fosse spuntato dalla finestra? E se fosse balzato in camera sua come un coniglio, con gli occhi rossi e la tuba nera, inquietante, in testa?
E se fosse tornato per cercare Samuel e Aylen? Cole non ne aveva più avuta alcuna notizia, dopo che erano svaniti nel nulla con Nube che corre, ma cosa ne sapeva il generale Sands?
Cole, pigna che non sei altro: animo!, si disse, aggrottando la fronte. Dovresti alzarti, affrontare la realtà e capire cosa sta succedendo, invece di rabbrividire nel letto!
Giusto...
Cole annuì nel buio, batté gli occhi una, due, tre volte, inspirò a fondo e scattò a sedere. Il piumone gli scivolò in grembo e fu a quel punto che un alito di vento gelido lo colse, intirizzendo uno per uno quei suoi ricci rossi che di solito non si muovevano neanche sotto a una cascata di acqua torrenziale.
Cole deglutì, sudando freddo, quindi arrischiò un piede fuori dal letto. Toccò il pavimento. Caldo.
Strano, pensò sempre più perplesso. E se il gelo che sentiva nelle ossa era una semplice influenza? L'altro piede andò a fare coppia col primo, quindi Cole strusciò le piante sul parquet di legno. Confortevole, piacevole...
Un brivido gli solcò la schiena e Cole si ritrovò, non capì bene come, con le spalle contro il muro, lo sguardo che saltellava da un angolo scuro all'altro, il cuore in gola.
Doveva esserci una spiegazione. Sissignore, doveva...
«Ragazzinoooo, me la pagheraaaaaai!»
Gli occhi sbarrati, Cole corse alla scrivania e afferrò la ricetrasmittente, poi andò a rintanarsi nell'armadio e da lì cercò di mettersi in contatto con Aquene.
«Scoiattolo, qui Aquila. Mi senti? Rispondi! È urgente, passo.»
Uno, due, tre...
Silenzio.
«Ti farò vedere ioooooooo!»
Rannicchiato su se stesso, i ricci che gli solleticavano la fronte, Cole schiacciò di nuovo il tasto della sua ricetrasmittente.
«Aquene, per favore, rispondi!» sibilò concitato, e allungò il collo cercando di osservare la sua stanza. L'anta dell'armadio sembrava la persiana di una finestra e di solito Cole trovava quel mobile "grazioso", invece adesso si sentiva terribilmente esposto: il generale, specialmente se ancora sotto forma di fantasma, sarebbe potuto entrare in ogni momento. Come fumo, avrebbe potuto insinuarsi tra le fessure dell'anta, posizionandosi proprio di fianco a lui.
No, doveva uscire da quella prigione: avrebbe fatto la fine del topo!
«Aquene!» strepitò ancora, ma uno scricchiolio sinistro fuori dalla sua stanza lo inchiodò sul posto.
Ci siamo, pensò, pronto a rintanarsi di nuovo sotto le coperte. Fece un passo verso il letto, ma un ulteriore rumore attutito lo immobilizzò ancora.
E fu a quel punto che sentì qualcosa scattare nel suo cuore.
Cavolo, lui era Cole, il tramite di Samuel Wright, colui che aveva spezzato la maledizione e contribuito a far tornare Everseen all'antico...
«Cole, si può sapere che vuoi? È notte fonda!» esclamò la voce di Aquene dalla ricetrasmittente.
Oh, no! Proprio adesso doveva parlare? Pigna!, pensò Cole, nel panico. Tutto il coraggio appena racimolato si era dileguato: quanto urlava la sua amica?!
«Cole...»
«Shtttttt!» sussurrò, chiudendo gli occhi per un attimo.
Qualcuno si era fermato davanti alla sua stanza, Cole poteva sentirne chiaramente il respiro.
«Cole, si può sapere...»
«Ah, ah!» urlò Gertrude, facendo irruzione nella sua stanza con un balzo degno di un ninja. «Lo sapevo che stavi combinando qualcosa! Dannato ragazzino, ma non lo sai che bisogna fare silenzio nella giungla?»
«Io...»
Un momento.
La giungla?!
Cole, il cuore praticamente fuori dagli occhi per lo spavento, rimase a bocca aperta. Non solo per le strane frasi che sua nonna stava blaterando, ma per il modo in cui era vestita.
«N... nonna, perché indossi un completo da safari?»
«Secondo te perché? Per mimetizzarmi! Oppure vuoi che un leone mi sbrani? Oh, certo, tu ne saresti capace... tu e quella selvaggia della tua amica fareste festa, ballando intorno al fuoco, vero? Già vi vedo, mentre le iene pasteggiano con il mio povero corpo e voi, tutti contenti, che saltellate tra le felci!»
«Le f-felci? Nonna, io credo...»
«Adesso fai silenzio e torna nella tenda. E resta muto, altrimenti ti lego e ti porto di peso da una di quelle tribù che rimpiccioliscono le teste ai prigionieri, intesi?»
Così dicendo, Gertrude fece dietrofront, uscì dalla stanza, ma senza chiudere la porta, e scese al piano inferiore.
Cole, stordito, la seguì.
E in pochi minuti capì per quale motivo facesse così freddo in casa sua: tutte le stanze del salone erano spalancate, col vento che soffiava e gonfiava le tende candide. Al chiarore della luna piena, sembrava di essere sulla prua di un veliero, e al timone... c'era sua nonna, in piedi al centro del salone, le braccia sui fianchi e il portamento fiero.
«Se qualcuno osa rubare le mie provviste, gli faccio lanciare una maledizione dal mio nipote rossiccio: lui porta sfortuna, è un amuleto più che potente!»
Tralasciando l'offesa per niente nascosta, Cole scosse la testa e iniziò a sghignazzare suo malgrado.
Sua nonna era sonnambula... e faceva dei sogni assurdi! Altro che il generale Sands!
Da quel momento in poi, però, Cole avrebbe dovuto fare attenzione a non farsi mettere in pentola da Gertrude in piena notte... perché lei ne sarebbe stata capace!
Senza dire una parola, Cole tornò in camera sua, chiuse la porta a chiave e si infilò sotto le coperte.
«Cole? Tutto bene?» gracchiò Aquene dalla ricetrasmittente. Cavoli, si era dimenticato di lei!
«Se ti racconto quello che è successo...» sospirò, poi scosse la testa, schiacciò il testo di trasmissione e disse: «Era un brutto sogno. Torna a dormire.»
«Sei proprio una pigna!» replicò Aquene. «Mi ero già vestita ed ero pronta a scavalcare la finestra della tua camera passando per l'albero in giardino. Bah, me ne vado a letto, che è meglio!»
Poi ridacchiò, e la notte, per Cole, diventò un po' più dolce.

Photo by Kenrick Mills on Unsplash




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