Un po' di storia...

In previsione dei due incontri che avrò questa settimana (Pezzettini il 22, Laboratorio sui nativi il 25) ho deciso di rimettere mano a qualche appunto sparso, per spiegarvi anche per bene come mai io abbia deciso di parlare di questi popoli meravigliosi in Cole (e perché lasci sempre parlare Takoda e Cha'Tima tra queste pagine!).
Allora, iniziamo dal principio: da dove sono spuntati fuori? Perché c'è una cosa importante da capire, in tutta questa storia: non sono usciti da un cappello, all'improvviso. Loro c'erano già, sono stati gli altri a usurpare e macchiare una storia vecchia anni e anni.

Quando Cristoforo Colombo arrivò nelle Americhe, come abbiamo visto qualche settimana fa,  era convinto di aver invece scoperto le Indie. Da qui, chiamò gli autoctoni "indiani", sbagliando clamorosamente. Furono gli spagnoli a dare a quel "nuovo" continente il nome di America, come tutti noi oggi lo conosciamo, in onore di Amerigo Vespucci.Tuttavia, con l'inizio delle "scoperte" iniziò anche ad aumentare la sete di potere di molti. In particolare, dei conquistatori inglesi, olandesi, francesi e spagnoli. Le ragioni erano davvero "povere": soldi, terre, controllo, espansione.

Inizialmente, la maggior parte delle popolazioni indigene accolsero con gioia i "visi pallidi", ma ben presto dovettero rendersi conto di cosa significasse essere "invasi" e ritenuti "biologicamente inferiori".
Tra Canada e Stai Uniti d'America attuali, ci fu uno sterminio calcolato, sistematico, e moltissime tribù esistenti, semplicemente, si estinsero. Non vi fa venire i brividi quella parola... semplicemente? Se devo essere sincera, fu proprio questo a colpirmi la prima volta che studiai la loro storia a scuola. Come mai la bontà e l'accoglienza vengono spesso scambiate per stupidità e debolezza? E se si è deboli, in ogni caso, perché esiste qualcuno convinto di poter primeggiare? Cosa determina il diritto di vita di alcuni e di morte di altri? In fondo, noi siamo esseri umani e ciò che ci dovrebbe distinguere dagli animali è proprio quella capacità di ragionare e capire. Di capire che l'intelligenza non è soltanto ciò che permette a uno di annientare l'altro. Anzi: non è proprio questo. Mai.

In ogni caso, ci furono colonizzatori che si opposero, che combatterono a fianco dei nativi, tra tutti i cattolici e, ancora più in alto, i papi dell'epoca. Durante i secoli, i nativi americani furono schiavizzati, venduti, torturati, e fu solo grazie alle varie bolle papali se determinate dinamiche pian piano si arrestarono. Le perdite, comunque, furono ingenti. Incalcolabili.

Il risultato finale, quello che possiamo vedere oggi con i nostri occhi (e che ho visto io con i miei), è una continua lotta per la propria ragione di essere, da parte dei nativi; confinati in riserve più o meno grandi, subiscono un comportamento generale piuttosto ambivalente. Se da una parte abbiamo silenzio e noncuranza (e razzismo per buona parte), dall'altro c'è una sorta di spinta verso l'esortazione all'integrazione. Ma avvalendosi di "luoghi comuni" che in molti casi sviliscono la grandezza di questo popolo, rendendo tutti uguali, buoni, perfetti. Innaturali.
Il problema è identificare i nativi sotto un'unica "bandiera", ignorando che si sta parlando in realtà di varie culture, varie popolazioni, ognuna con una propria storia.

Come per qualsiasi tipo di cultura o gruppo "umano", anche gli indigeni che popolavano le terre delle Americhe erano soggetti a guerre, lotte per la supremazia. C'erano alcune tribù, come i Mexica del Messico centrale, convinte di essere superiori alle altre, per esempio.
Siamo portati, di solito, a pensare ai nativi come a simpatici uomini dai copricapi fatti di piume, le rughe profonde sul viso e occhi saggi, ma c'erano molti altri gruppi e civiltà. Basti pensare agli Incas, ai Maya, per nominarne due tra i più famosi  (andare in Messico per me è stato davvero illuminante, ma anche visitare il Canada durante lo Stampeade). Soprattutto, c'è stato un tempo in cui ogni mezzo di informazione, dai fumetti ai romanzi per arrivare al grande cinema, ritraeva i "pellerossa" (chiamati così probabilmente per la loro usanza di dipingere il proprio corpo di ocra durante i combattimenti) come cattivi, assetati di sangue e, ingenerale, inferiori anche per intelligenza (basta guardare uno dei vecchi western americani, per averne un'idea...)

Insomma, abbiamo appena iniziato il nostro viaggio, ma iniziate a capire perché sia rimasta così affascinata da tutta questa enorme storia? E perché ho deciso di portare sulla mia pelle qualcosa che testimoni la grandezza di popoli che,nonostante le avversità, resistono, mutano e continuano a essere fedeli a loro stessi?
Photo by Marv Watson on Unsplash


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