Approfondimenti...

Come dicevamo la scorsa volta, la prima versione di Cole era molto più lunga. 
Il fatto è che i nostri amici sono dei gran chiacchieroni, e in me hanno trovato terreno fin troppo fertile!
Come vi ho spiegato, però, c'era la necessità di tagliuzzare qua e là. Un po' perché ero davvero troooooppo logorroica, un po' perché c'erano aspetti che semplicemente erano superflui.

Se ci sono cose che è stato un bene tralasciare, tuttavia, altre credo rappresentino una ciliegina capace di rendere la nostra storia ancora più spassosa. Il bello di conoscere un "fatto", che sia racconto, romanzo o novella, è approfondirne gli aspetti in un secondo momento, per ragionare e rivivere determinate situazioni con uno sguardo più... lucido? Potremmo dire così.

Per esempio, sapevate che la prima volta che Cole ha visto il Signor Nessuno era il 25 novembre? A Natale lo avevo spifferato, lo ammetto, ma oggi... oggi vi offro un pezzetto in più!
Sentite qua...


La mattina in cui lo aveva notato per la prima volta era stato il 25 novembre, e Cole ricordava bene quella data perché nel pomeriggio avrebbe dovuto sostenere l’ultimo esame scritto prima delle vacanze invernali. Erano solo sei mesi che si era trasferito a Everseen, con la sua famiglia, ma si era ambientato così bene che sembrava frequentare quella scuola da sempre. E menomale, avrebbe detto, dato che a Pittsburgh aveva dovuto sopportare le angherie di Paul Keller fin da che aveva memoria. Nascere con una testa piena di capelli ricci e rossi non era stata una fortuna, a quanto pareva.

Ma nel primo capitolo si parlava anche di una cupola, nel sepolcreto di Greenlake Street, e di un battivecco bello acceso tra i nostri amici!

«Esce da casa mia? Tutte le mattine? Ma che dici? È impossibile!» aveva esclamato Aquene, poi lo aveva guardato con quel suo sorrisetto tra il confuso e il divertito che Cole proprio non sopportava.
«Non è impossibile, l’ho visto coi miei occhi» aveva replicato, deciso. «Magari hai un nonno che…»
«Ancora con questa storia? Ti dico che non ho più nonni, io!» gli aveva urlato allora Aquene, risoluta e anche un po’ offesa. Cole l’aveva vista calciare un sassolino tra le lapidi e si era stretto nelle spalle per ripararsi dal vento gelido che aveva iniziato a insinuarsi tra una tomba e l’altra. Si erano incontrati al cimitero indiano dopo i compiti, ma Cole ci aveva messo un po’ prima di vuotare il sacco.
«Non ho nessun parente così vecchio» aveva spiegato la sua amica, abbassandosi per recuperare il pallone sgonfio da terra «e comunque sai anche che in quel caso vedresti un signore con i capelli lunghi e qualche collana della tribù al collo, non un vecchio intabarrato in un cappotto antico. Ah, e prima che tu me lo chieda: non frequentiamo nessuno che sia simile a quel tipo che descrivi. Non so di chi parli.»
«Ma dai, com’è possibile che tu non sappia nulla di quello strano signore che viene e va da casa tua?» l’aveva rimbeccata subito lui, deciso a scoprire la verità. In fondo non aveva chiesto certo la luna! Non riusciva proprio a capre perché Aquene gli tenesse nascosta una cosa tanto innocente. Loro erano gli unici due ragazzini di Greenlake Street, ed era anche per questo che erano grandi amici, quindi perché mentire?
E poi non c’erano altre case, nell’isolato, a parte le loro… 
Certo, se non si considerava la piccola cripta di marmo nel vecchio cimitero a pochi passi da Tie Street, ovvero la cupola verso cui si dirigevano ogni pomeriggio per chiacchierare del più e del meno. 

Chissà perché Cole era così convinto che Aquene stesse mentendo? Forse perché non credeva... nella fantasia?
Questo, forse, ve lo racconterò la prossima volta 😉


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