Un sogno meraviglioso #5
Capitolo 5
I sogni son desideri
Quella sera
rincasarono tardi. Appena sua madre era venuta a sapere della caduta, era
praticamente volata al maneggio e, con quella che a Margherita era sembrata una
complicata mossa di kung fu, l’aveva ficcata in auto e portata al pronto
soccorso.
Margherita
non aveva niente e i medici erano stati chiari, ma per sua madre una commozione
cerebrale era sempre dietro l’angolo, quindi dopo aver mangiato (leggero,
perché non si sa mai) l’aveva costretta a ripassare una o due tabelline per
vedere come stesse messa la memoria.
A letto,
Margherita era distrutta, ma con la testa piena zeppa di domande. E un paio di
occhiali da sole tra le mani, nel caso Sogno decidesse di farsi vedere ancora.
Continuava a
osservare il cuscino a forma di nuvola chiedendosi come fosse stato possibile
ritrovarselo sotto il sedere al momento giusto. Sua madre lo aveva messo sulla
sedia di fronte alla finestra, appoggiandolo con gran cura.
«Questo ti
ha salvato la vita, tesoro. Lo terremo sempre con noi.»
Margherita
adesso si chiedeva cosa avrebbe pensato sua madre se avesse saputo da dove
proveniva davvero quella nuvola che… ora si stava sollevando in aria e sbatteva
contro il vetro!
Sembrava
volesse uscire.
Proprio in
quel momento, Margherita sentì qualcuno bussare alla finestra, ma era
impossibile: la sua camera si trovava al secondo piano.
Sollevandosi
di scatto, scese dal letto e corse ad aprire il vetro prima che la nube lo
rompesse. Perché era diventata più grande, minacciosa, con tanto di piccoli
fulmini che l’attraversavano nel mezzo a mano a mano che provava a uscire senza
riuscirci. Cavoli, era una cosa stranissima.
«Sbrigati,
prima che ti piova in camera! Le nuvole tendono ad arrabbiarsi molto quando non
fanno quello che vogliono» disse Dubbio, sbucando al di là del vetro.
Margherita
lanciò un’occhiata alla porta ben chiusa, poi girò la maniglia. In un lampo, la
nube sfrecciò fuori, saettando verso il cielo fino a sgomitare tra le sorelle
per avere un posticino tutto per sé. Un tuono comunicò loro che non c’era
riuscita.
«Ci fai
entrare? Qui fuori fa freddino» la sollecitò Dubbio, agitando una mano
scarabocchiosa davanti al viso di Margherita. Lei, ancora con la bocca aperta
per lo stupore e i capelli più ricci che mai (eh, l’umidità!) si spostò di lato
e fece entrare i suoi nuovi amici.
Sogno,
quella sera, splendeva come un faro.
«Potresti
luccicare un po’ di meno?» domandò Margherita, coprendosi gli occhi con una
mano. «Sembra di essere in spiaggia in pieno agosto. E poi i miei genitori
potrebbero pensare che ho svaligiato una centrale elettrica, se non ti… spegni
un po’.»
«Ah,
scusa...» disse Sogno, imbarazzato. «Non so come fare, però. Dovrei dirti di
pensarmi di meno, però sarebbe come rinnegare me stesso.»
«Non capisco
quello che stai dicendo, ma intanto metti questa e vediamo se risolviamo
qualcosa» rispose Margherita, gettando all’amico una felpa nera. Poi frugò nell’armadio
e trovò un paio di pantaloni della tuta e un cappello.
Una volta
vestito di tutto punto, Margherita sorrise soddisfatta. Non che Sogno se ne
andasse in giro senza abiti, ma brillavano pure quelli e guardarlo in faccia
era una vera impresa.
Margherita indossò
gli occhiali da sole e finalmente, per la prima volta, riuscì a vedere l’amico
dritto in faccia.
Occhi viola
come Nettuno; pelle bianca come la luna; lentiggini sul naso all’insu, rosse
come Marte; capelli verdi come Venere e sorriso abbagliante come i raggi del
Sole.
A guardarlo
bene, Sogno era il suo sogno:
un’intera galassia nella sua camera, un prisma di colori bellissimi a sua
completa disposizione. Solo un dubbio atroce la attanagliava: era reale?
E a tal
proposito…
«Scusami,
Dubbio, ma devo chiederti di uscire di nuovo dalla mia camera» disse, guardando
nel punto da cui sentiva borbottare il piccolo ammasso di linee aggrovigliate.
Appena messo piede in camera, infatti, tantissimi oggetti avevano iniziato a
svolazzare attorno a loro prima di finire inglobati nel suo buco nero. Finché
si trattava di penne e matite andava anche bene, ma Margherita avrebbe
preferito non perdere i suoi preziosissimi libri o le sue carte dell’universo
che lei aveva sopranominato Mappacosmo.
«Ecco, lo
sapevo: va sempre a finire così» commentò Dubbio, scuotendo la testa. Quando
uscì dalla finestra, e tutti gli oggetti nella stanza tornarono a giacere
immobili, Margherita strabuzzò gli occhi e capì cosa era successo.
Dubbio,
proprio come una stella esplosa, attirava a sé ogni certezza, inghiottendola
fino a trasformarla in perplessità. Nel momento in cui lo aveva accanto, ogni
titubanza diventava gigantesca, mentre rimpiccioliva se lo aveva lontano.
«Come fate a
essere amici, se siete uno il contrario dell’altro?» chiese a Sogno, sedendosi
sul letto. Incrociò le gambe e l’amico, seguendola, fece la stessa cosa. Dubbio
si mise seduto sul davanzale, già dimentico della delusione di poco prima.
«Perché non
ci può essere certezza senza dubbio, o sogno senza ostacoli: lo hai appena
pensato» rispose Sogno, stringendosi nelle spalle.
«E tu come
fai a saperlo?» squittì Margherita, mettendosi una mano sulla bocca.
«Perché ti
ascoltiamo. Tu non lo fai spesso, però» intervenne Dubbio, giocherellando con
una penna che entrava e usciva dal suo campo gravitazionale. «Sei sempre in
movimento, fai mille cose, ma non ascolti mai il tuo cuore e quello che ti
chiede di fare.»
«Non è vero»
replicò Margherita, offesa.
«Come questa
stanza» continuò Dubbio, ignorandola. Gli scarabocchi che aveva per piedi
dondolavano avanti e indietro nel vuoto, mentre lui si guardava intorno. «Non
volevi un soffitto tutto stellato? Perché non ce l’hai? È tutto rosa e bianco,
qui dentro. Non ti annoi?»
«Papà doveva
aiutarmi, ma ha sempre da fare» si giustificò Margherita, a disagio. «Così
mamma ha pensato di colorare la stanza con un colore più chiaro, dice che si
intona a… me.»
«Per niente.
E poi è da bambina!»
«Ehi, guarda
che io sono una ragazza» obiettò Margherita, risentita. «Chi lo ha detto che il
blu è per i maschi e il rosa per le femmine? E lo sai che al tempo dei principi
e delle principesse, il rosa era usato per indicare la forza degli uomini?»
«Oh, sì, io
c’ero, confermo» disse Sogno, annuendo con vigore. «Mr Blue Oltremarine odiava
il rosa e aveva il sogno di vestirsi in blu. Per questo ha cambiato la moda.»
Margherita
lo guardò per un momento, ma decise di tornare sull’argomento in un’altra
occasione. La cosa più importante era un’altra.
«Cosa volete
da me? Perché siete qui e mi seguite da oggi?»
«Sei tu che
segui noi» obiettò Sogno, inclinando la testa per guardarla meglio. «Da quando
tuo nonno ti ha regalato quel libro sulle stelle e quell’altro sugli
extraterrestri.»
Sogno
indicava i vari saggi da una parte e l’altra della stanza, e Margherita seguiva
il suo dito luminoso come fosse una freccia. Scosse la testa, frastornata.
«Quindi tu
cosa saresti, il mio sogno di diventare una scienziata?» chiese, ridacchiando.
«Non una
scienziata qualunque, ma una di quelle che cerca vita intelligente su altre
galassie» rispose Sogno, solenne. E Margherita smise di ridere di colpo.
Stava
succedendo per davvero!
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