Un sogno meraviglioso #1


Foto Pixabay
Sinossi:
Margherita è una bambina di nove anni, dalla vita frenetica e tutti i pomeriggi impegnati dalle mille attività scelte per lei da sua madre. Ha un sogno nel cassetto, che però ha ben poco tempo per coccolare o seguire. Anzi, a dirla tutta non sa neanche bene quale sia. Presa com’è dalla danza, dalla scuola, dal corso di fotografia e addirittura quello di pittura, Margherita non riesce a coltivare il desiderio di studiare lo Spazio e le leggi che lo animano: pianeti, costellazioni e… vita intelligente tra le stelle!
Finché, durante una lezione di equitazione in groppa a Teodoro, non si imbatte in una strana farfalla di cristallo. È luminosa, sgargiante, e fa talmente tanta luce che il cavallo si imbizzarrisce e Margherita cade. E inizia a sognare… oppure quella che vive è la realtà? Sogno Meraviglioso e Dubbio Atroce sembrano verissimi: uno ha gli occhi viola come Nettuno, le lentiggini rosse come Marte e un sorriso abbagliante come i raggi del sole, e l’altro… è vorticoso e infinito come solo una stella esplosa potrebbe sembrare nel bel mezzo dell’universo.
Insieme a loro, Margherita scoprirà quanta forza ci vuole per inseguire ciò che si desidera, ma anche quanto amore sia necessario donare per fare in modo che la felicità degli altri sia anche la propria.
Per sognare e realizzare ciò che si ha nel cuore ci vuole coraggio, fantasia e un sorriso sulle labbra, ma anche e soprattutto degli amici con cui condividere ogni cosa: le gioie, ma anche le delusioni.

***

A Fabio. A ogni bambino. A ogni adulto.
Non esistono sogni impossibili da realizzare, che siano meravigliosi o a occhi aperti.
O entrambi, insieme.





Capitolo 1

Senza fiato


Quella mattina Margherita era stanca.
La maestra stava spiegando come Marie Curie fosse diventata una delle più grandi scienziate di tutti i tempi, ma lei era distratta, svogliata.
Eppure, cavoli, quella era la sua materia preferita!
Si diede un pizzicotto sulla guancia, tentando di restare sveglia, ma le palpebre continuavano a giocare con le ciglia e la bocca non voleva saperne di starsene chiusa: si apriva sempre in una “o” di finto stupore. La testa ciondolava in avanti, i lunghi ricci castani sfioravano il banco, il pugno con cui si reggeva il mento era sempre più molle.
La verità era che Margherita aveva un gran sonno.
Il giorno precedente sua madre l’aveva costretta a ripetere le tabelline altre due volte fino alle dieci di sera, pur di essere sicura che se le ricordasse.
E sì che glielo aveva anche detto che lei le sapeva a memoria già da tre giorni!
Quanto avrebbe voluto finire di leggere il libro sulle stelle che le aveva regalato suo nonno, invece. Ma no, quello se ne stava lì sul comodino, a prendere polvere da almeno una settimana.
Il problema era che quando arrivava alla sera Margherita era sempre distrutta, e ogni volta che chiedeva a suo padre di leggere insieme, lui prometteva che lo avrebbero fatto il giorno seguente.
Poi se ne dimenticavano entrambi e il ciclo ricominciava daccapo come quelle ruote panoramiche del lunapark.
Sbuffando, chiuse un momento gli occhi e tentò di ricordare quando fosse stata l’ultima volta che sua madre si era messa sotto le coperte con lei. Doveva essere stato un sacco di tempo prima. Forse quando era così piccola da non saper neanche leggere.
D’altra parte sua madre non sembrava apprezzare le letture che amava lei: stelle e cosmo non erano il suo argomento preferito.
«… e sarà proprio per l’esempio di sua sorella Bronia che Marie avrà sempre un’altissima opinione delle donne. Per lei la forza risiede in loro, non n… Margherita? Sei sveglia?»
La voce dell’insegnante la fece raddrizzare di colpo sul banco, tanto che le mani scattarono in avanti, colpendo il quaderno, la penna mangiucchiata, l’elastico per i capelli e un pacchetto di fazzoletti. Andò tutto a finire per terra. L’astuccio colmo di matite resistette per un lungo secondo, sotto gli occhi desolati di Margherita, poi decise di arrendersi alla forza di gravità e cadde anch’esso, sparpagliando il suo contenuto sul pavimento.
«Oh, cavoli… cioè, maestra, io…»
«Raccogli tutto, avanti» sospirò l’insegnante, scuotendo la testa. Margherita si mosse fulminea dalla sedia, come se il sonno fosse solo un lontano ricordo, e tirò su bracciate di colori e gomme da cancellare sotto le risatine dei suoi compagni. Si rimise a sedere, imbarazzata, con le guance viola e lo sguardo basso.
I suoi amici continuavano a sghignazzare alle sue spalle, anche Gurleene e Sonia, a qualche banco di distanza. Solo Andrea la guardava con una smorfia di compatimento sul viso.
«Sei sempre la solita…» le sussurrò.
La lezione riprese, ma il danno era stato fatto e Margherita sentiva il peso della figuraccia sulle spalle. Se sua madre fosse venuta a sapere che l’avevano trovata distratta durante la lezione, le avrebbe fatto una ramanzina lunga chilometri!
Prese una penna e iniziò a scarabocchiare stelline e lune sul margine esterno del quadernone, sbuffando per la ventesima volta.
E poi tornò il sonno, più forte e imponente di prima.
Ah, sarebbe stata davvero una lunghissima mattinata!
 
Foto Pikwizard
All’uscita di scuola Margherita corse a perdifiato come ogni mercoledì, raggiunse sua madre (che, appoggiata al muretto di cinta, già guardava l’orologio) e si chinò un attimo sulle ginocchia per riprendere fiato. Sua madre ne approfittò per darle un bacio sulla guancia.
«Ciao, tesoro. Dai, andiamo, abbiamo poco tempo. Tutto bene in classe oggi? Perché sei senza fiato? Hai corso di nuovo fino a qui? Sai che non devi farlo, rischi di cadere. E se ti rompi un dente poi bisogna andare dal dentista, ma chissà se il sorriso ti tornerebbe come prima. Ma le maestre non ti dicono niente? Ai miei tempi c’erano le punizioni… be’, comunque, dai, siamo arrivate. Sali, su…»
Margherita alzò gli occhi al cielo. Quando sua madre partiva con i monologhi, non c’era verso di immettersi nella conversazione.
«Sì a tutto, mamma» bofonchiò arrampicandosi sul sedile. Poi si sporse per darle un bacetto sulla guancia e si mise la cintura di sicurezza. «Se non corro non facciamo in tempo. Scommetto che siamo già in ritardo, vero?» le chiese, sperando di avere almeno dieci minuti per fare merenda.
«In ritardo no…» rispose sua madre, avviando il motore. «Ma abbiamo i secondi contati. Tieni, ti ho preparato un panino con la cioccolata. Sono stata brava?»
Margherita afferrò al volo la merenda avvolta nell’alluminio e guardo con gli occhi luminosi il sorriso soddisfatto di sua madre.
Parlarono di scuola, lungo il tragitto fino all’accademia di danza, e sua madre le chiese subito come fosse andata l’interrogazione di matematica.
Per fortuna almeno quella era andata a meraviglia. In effetti era stata la migliore, e questo fece gongolare sua madre, tanto che alzò di colpo il volume della radio e prese a cantarci sopra. Margherita si guardò bene dal raccontarle della lezione di storia e della sua figuraccia, però. Se lo avesse fatto si sarebbe trovata per una settimana a casa, con il termometro ficcato in bocca e una pezza fredda sulla fronte.
Sua madre era un po’ apprensiva e, dato che avere sonno in pieno giorno non rientrava “nella normalità”, l’avrebbe di sicuro sottoposta a mille ricerche per trovarne la causa.
Facendo spallucce e archiviando la stanchezza per riprenderla quella sera, sotto le coperte, decise di godersi il panino alla cioccolata con lo sguardo rivolto al finestrino, la città che le sfrecciava di fianco.  
Due minuti di riposo prima degli esercizi di riscaldamento erano quello che ci voleva. Perlomeno, l’unica cosa che poteva permettersi sulla serratissima tabella di marcia di quel giorno!  




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