Un sogno meraviglioso #3
Capitolo 3
Al galoppo, Teodoro!
C’erano due
cose che a Margherita piacevano del lunedì. La prima era il poter finalmente
salire in groppa a Teodoro dopo un’intera settimana. La seconda era che a
portarla a equitazione era suo padre.
Il lunedì
era il suo giorno di riposo!
Quel
pomeriggio, uscita da scuola, trovò il sorriso e la strizzatina d’occhio che
tanto adorava, e quando giunse davanti a lui, suo padre le mise davanti una
mano chiusa a pugno sulla quale si abbatté il palmo di Margherita: quello era
il loro saluto segreto segretissimo. Ok, non era tutta questa gran cosa, ma
pensare lo condividessero solo loro faceva stare bene entrambi.
«Allora,
tutto bene a scuola? Pronta per andare da Teodoro? C’era qualche verifica? Hai
detto alla maestra che quella bla bla bla…»
Se c’era una
cosa che metteva in comune i suoi genitori, era il fatto che quando si trattava
di loro figlia perdevano tutti e due di vista le priorità, come il respirare
tra una domanda e l’altra.
A un tratto,
lungo il tragitto, per radio diedero uno delle canzoni che lei adorava di più
in assoluto, tanto che iniziò a saltellare sul sedile. Era di un vecchio gruppo
rock che ascoltava sempre suo nonno e, dato che parlava di spazio, rocce
volanti e stelle lontane, lei la adorava. E poi quella batteria, quella
chitarra elettrica… le entravano dentro spingendola a ridere di contentezza.
«Alza!» urlò,
sporgendosi in avanti. La cintura la riportò prontamente al sedile come fosse stata
un elastico, ma Margherita prese ad agitare la mano finché suo padre non alzò
il volume.
«Non ho mai
visto una ragazzina della tua età andare così matta per un gruppo rock dei miei
anni…» commentò suo padre, ridacchiando. «Anzi, non ho mai visto una ragazzina
andare matta per un gruppo rock e basta.»
«Dici una
bugia, papà, è pieno di ragazze a cui piace il rock!» lo rimbeccò Margherita
tamburellando con le dita sul sedile. La testa andava a tempo di musica e la
bocca si muoveva, mentre lei simulava con la fronte aggrottata gli acuti del
cantante.
Margherita
finse di non ascoltare suo padre mentre diceva: «Sarà come dici, ma alla tua
età dovresti voler fare la principessa, o quelle cose lì…».
Perché lei
non voleva fare la ragazzina svenevole che vestiva tutta di rosa (ed era per
questo che non sopportava molto neanche il tutù e tutte quelle cose della danza)
ma la scienziata.
Non una
scienziata qualsiasi, ma di quelle che cercano vita intelligente su altre
galassie. Per dirla in parole povere: voleva trovare gli alieni.
Non appena
quel pensiero prese forma nella sua testa, e forse per la prima volta in
maniera così completa, il prisma di qualche giorno prima tornò a brillare proprio
fuori dal suo finestrino. Margherita si fermò di colpo, spalancando la bocca
aperta. Sembrava ci fosse una sorta di… farfalla luminosa che seguiva la loro
macchina, e alla stessa velocità!
Margherita
aveva quasi paura ad avvicinarsi al vetro, ma lo fece. Sì, perché osservare la
luce del sole che irradiava colori di ogni tipo su quel cristallo volante era
ipnotizzante. E tutto l’alone che avvolgeva quella… cosa? Era bellissimo
e inquietante insieme.
E se fosse
stato un… alieno? Possibile? Così, di giorno, sotto gli occhi di tutti?
«P-papà…»
sussurrò, ma il volume della radio era così alto che Margherita faceva
addirittura fatica a sentire la propria voce. «Papà» riprovò gracchiante,
andando a picchiettare con la mano sulla spalla del genitore.
«Sì, tesoro?»
le chiese lui, azzerando il grido acuto della chitarra elettrica su un assolo
pazzesco. «Hai detto qualcosa?»
«Vedi… vedi
anche tu quello…»
Nel momento
in cui Margherita pronunciò l’ultima parola, però, la farfalla luccicante
svanì.
Margherita
strabuzzò gli occhi, perplessa, poi li stropicciò con le mani e tornò a
guardare fuori dal finestrino.
Nulla.
Per la
seconda volta in una settimana, Margherita si chiese se avesse visto davvero
qualcosa.
Strigliare
Teodoro prima di salire in sella era rilassante e allo stesso tempo bellissimo,
perché Margherita sentiva di riuscire quasi a parlare col suo cavallo. Mentre
passava la spazzola sulla criniera dell’animale, si voltò verso suo padre.
«Papà,
verrai a vedere l’esibizione di sabato prossimo?» gli domandò, speranzosa.
«Non lo so, Margy, bisogna vedere se riesco a
liberarmi per tempo. Ma mamma farà un video e…»
«Ma non sarà
la stessa cosa!» sbuffò lei. «Fai sempre tardi al lavoro, quindi per una
volta…»
«Hai
ragione, tesoro, ma se non lavorassi così tanto tu non potresti fare tutte le
attività che ti piacciono.»
Margherita aprì
d’istinto la bocca per replicare che… non era vero?
Non è
vero?, si chiese, e sigillò le labbra, pensierosa. Non lo era. Perché non
era poi così vero che a lei piaceva tutto ciò che faceva, no? Non era vero che
le andava di fare tutto quello che ci si aspettava facesse. Nossignore. Era
costretta.
Era costretta!
Ah, com’era liberatorio anche solo pensarlo! Sì, si sentiva anche in colpa, ma cavoli: a lei non piacevano un sacco di cose di quelle che svolgeva tutti i pomeriggi.
Era costretta!
Ah, com’era liberatorio anche solo pensarlo! Sì, si sentiva anche in colpa, ma cavoli: a lei non piacevano un sacco di cose di quelle che svolgeva tutti i pomeriggi.
Aprì di
nuovo la bocca, pronta a confidare a suo padre quella grande verità, quando il
suo istruttore la chiamò per uscire dai box con Teodoro al seguito, le redini
ben strette tra le dita.
Dopo le
solite raccomandazioni, Margherita balzò in sella e iniziò il piccolo trotto.
L’aria che
fendeva delicatamente le guance e muoveva alcuni riccioli sotto il cap parve
cullare i pensieri che, assumendo il suo stesso ritmo, presero a seguire strani
percorsi, viaggiando su strade lastricate di pulsar e supernove, di pianeti e
giganti gassosi.
Ah,
Margherita già si vedeva con un camice addosso e un telescopio davanti, mentre
gridava a qualcuno dei suoi fidi assistenti che lei, una ragazza, aveva
finalmente scoperto una forma di vita intelligente su una galassia ancora
inesplorata.
Presa dal
suo film a occhi aperti, sollevò una mano e si sporse in avanti, pronta ad
afferrare uno dei pianeti che la sua fantasia aveva materializzato, e fu allora
che sbucò dal nulla la strana farfalla di cristallo di poco prima. Margherita,
sbalordita, la vide svolazzare davanti al muso del suo cavallo, ma prima che
potesse rendersi conto del pericolo che stava correndo Teodoro stava già nitrendo,
folle di paura.
«No,
Teodoro, no!»
Il cavallo
scalciava, impennandosi sul posto, mentre Margherita, terrorizzata, cercava di
tenersi in equilibrio sulla sella, le mani aggrappate a qualsiasi cosa potesse
acciuffare con le dita sulla criniera del suo amico.
«Margherita,
attenta!»
«Ci ha
visti! Hai sentito, Dubbio? Ci ha visti!»
«Ma no che
non ci ha visti… e comunque adesso cade.»
«Dici?»
«Sì, sì,
cade. Dammi retta, Cinque… quattro…»
Chi… chi
stava parlando? Chi stava…
Margherita
voltò di scatto la testa alla ricerca di quelle voci estranee che sembravano
addirittura parlarle nella testa, ma poi Teodoro diede un ultimo calcio in aria
e lei si ritrovò a volare senza alcun sostegno.
«Due…»
E cadde a
faccia in giù sull’erba, con Teodoro che galoppava ormai lontano.
«Uno. Te l’avevo detto…»
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