Un sogno meraviglioso #4

Sinossi:
Margherita è una bambina di nove anni, dalla vita frenetica e tutti i pomeriggi impegnati dalle mille attività scelte per lei da sua madre. Ha un sogno nel cassetto, che però ha ben poco tempo per coccolare o seguire. Anzi, a dirla tutta non sa neanche bene quale sia. Presa com’è dalla danza, dalla scuola, dal corso di fotografia e addirittura quello di pittura, Margherita non riesce a coltivare il desiderio di studiare lo Spazio e le leggi che lo animano: pianeti, costellazioni e… vita intelligente tra le stelle!
Finché, durante una lezione di equitazione in groppa a Teodoro, non si imbatte in una strana farfalla di cristallo. È luminosa, sgargiante, e fa talmente tanta luce che il cavallo si imbizzarrisce e Margherita cade. E inizia a sognare… oppure quella che vive è la realtà? Sogno Meraviglioso e Dubbio Atroce sembrano verissimi: uno ha gli occhi viola come Nettuno, le lentiggini rosse come Marte e un sorriso abbagliante come i raggi del sole, e l’altro… è vorticoso e infinito come solo una stella esplosa potrebbe sembrare nel bel mezzo dell’universo.
Insieme a loro, Margherita scoprirà quanta forza ci vuole per inseguire ciò che si desidera, ma anche quanto amore sia necessario donare per fare in modo che la felicità degli altri sia anche la propria.
Per sognare e realizzare ciò che si ha nel cuore ci vuole coraggio, fantasia e un sorriso sulle labbra, ma anche e soprattutto degli amici con cui condividere ogni cosa: le gioie, ma anche le delusioni.


Capitolo 4

Sogno Meraviglioso e Dubbio Atroce

«L’abbiamo ammazzata?»
«No, non penso… dai, le ho inviato la mia nuvola cuscinetto in tempo. Giusto?»
«Tu credi?»
«Oddio, odio avere un amico di nome Dubbio!»
Le voci, partite basse basse, adesso esclamavano le loro opinioni con un tono decisamente alto. Margherita aprì prima un occhio, poi un altro, ma appena lo fece fu costretta a chiuderli di nuovo. Che botta!
«Hai visto? È viva, respira e si lamenta!»
«Sì, Sogno, lo vedo, però… ecco… non mi sembra messa bene.»
«Oh, quanto sei puntiglioso. È solo…»
«Potreste stare zitti un attimo, chiunque voi siate?» intervenne Margherita, facendo una smorfia. La testa faceva male, ma anche il fondo schiena! Cavoli, che caduta.
Teodoro!
Sollevò di colpo le palpebre e provò a rialzarsi, ma due mani forti (e brillanti… troppo, per essere vere) la costrinsero a rimanere sdraiata.
«Uhm, non è una buona idea. Fossi in te aspetterei qualcuno…»
«E tu non sei qualcuno?» lo rimbeccò Margherita, indispettita. «Anzi… chi sei?»
«Sogno.»
Margherita aggrottò la fronte e sollevò lo sguardo per la prima volta da quando era caduta. E rimase a bocca aperta.
«C’è rimasta stecchita. Guarda…»
Un tipo, un po’ più basso, più indistinto, più… vorticoso, agitò quella che sembrava una mano fatta d’ombra davanti al suo viso. «Non ha retto la botta, Sogno. Dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto, dopo aver messo in pericolo entrambi…»
«Vuoi stare zitto un attimo, Dubbio?»
«Dubbio?» domandò Margherita, sudando freddo. «Oddio, ho perso conoscenza e adesso sono in una realtà alternativa. Morirò, nessuno mi vedrà più, Teodoro continuerà a correre per sempre finché non cadrà in un burrone e…»
«Ma parla sempre così tanto?» chiese Dubbio, bisbigliando nell’orecchio luminoso di Sogno.
«Perché non hai mai sentito parlare i suoi genitori» rispose l’altro, continuando a guardare Margherita con occhio critico.
C’era qualcosa che non andava. Ma cosa?
«Ok, tu ti chiami Sogno e lui Dubbio… È un incubo, vero?» domandò Margherita, mettendosi a sedere con molta cautela.
Sogno si voltò, perplesso, poi tornò a guardarla.
«Perché hai chiamato mio zio Incubo? Non lo vedo da nessuna parte. Lo conosci bene? Io lo vedo molto di rado, ma a dirti la verità non ne sento la mancanza. È uno di quei parenti di cui faccio a meno. Anzi, a dirla tutta» continuò a voce bassa, chinandosi su Margherita «non dovresti provarne nostalgia neanche tu.»
«Brr…» intervenne Dubbio, stringendosi nelle spalle tremanti. «L’ultima volta che l’ho visto eravamo in una stanza buia e usciva uno di quei clown spaventosissimi da un cubo ai piedi del letto, e il bambino urlava, e…»
«Aspettate un attimo» intervenne Margherita. «Ma di che cosa state parlando? Davvero pensate che io vi… creda? Sogno e Dubbio? Siete seri?»
«Ma ci hai visti?» la sbeffeggiò Dubbio. La faccia come quella di uno scarabocchio, aveva il corpo che somigliava a un tornado scuro e, adesso che Margherita ci faceva caso, tutti i granelli di polvere e gli steli d’erba che gli volteggiavano attorno venivano inglobati dentro di lui. Sembrava un buco nero vivente, come quelli che lasciano le stelle nel cosmo una volta esplose. Era impossibile.
«In effetti…» commentò Sogno, e anche lui si offrì allo studio accurato di Margherita. Ma con lui era facile, perché era la sua farfalla luminosa, il prisma che l’aveva incuriosita apparendo e sparendo negli ultimi giorni. Era impossibile sbagliarsi. Colorato di tutte le gradazioni presenti in natura, non aveva altezza, né una vera forma. Ma era bellissimo, sfavillante e, stranamente, la faceva sentire bene come non mai.

Photo by Joel Filipe on Unsplash

«Cosa… siete?» domandò, grattandosi la testa riccioluta e ancora dolorante.
«Chi siamo, vorrai dire» replicò Dubbio, sollevando una delle tante linee del suo viso. Doveva essere un sopracciglio. «Io sono Dubbio Atroce, Dubbio per gli amici, e lui è…»
«Sogno Meraviglioso» concluse il più splendente dei due.
«Da non confondere con suo cugino Sogno Perfetto. È altezzoso, non mi è molto simpatico. Be’, a dirla tutta anche lui ogni tanto…»
«Se è per questo, Dubbio, tu non sopporti neanche mio fratello.»
«E… chi è?» chiese Margherita, temendo la risposta.
«Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate.»
«Certo che non lo sopporto, non si sa mai quando arrivi! Di quegli spaventi…» replicò Dubbio, alzando gli occhi al cielo. «Però gioco volentieri con i gemellini.»
«Be’, è impossibile non ridere con i Sogni Di Gloria» annuì l’altro. «Certo, mai come quando si sveglia mia sorella Sogno O Son Desta… lì la risata è assicurata!»
«Come fate ad avere tutti i cognomi diversi?» domandò Margherita. Se anche si trattava di un sogno, per l’appunto, tanto valeva cercare di capirci qualcosa.
«Il mio mondo non funziona come il tuo. Ci sono leggi diverse e… non esistono cognomi. Siamo tutti una grande famiglia, e ci vogliamo bene.»
«Ne vuoi anche a Sogno D’Amore? È così stucchevole!» insinuò Dubbio con fare cospiratorio.
«Certo, come puoi non volerne a lui?» lo rimbrottò Sogno, indignato.
«Ok, ok… ascoltate» disse Margherita agitando le mani. «Sono… sono contenta di avervi conosciuto, ma io adesso dovrei andare a cercare Teodoro e poi tornare a casa. Mio padre sarà preoccupatissimo. A proposito, ma dove sono?»
«Nel maneggio.»
«Ma non vedo nessuno» obiettò lei, guardandosi intorno. Be’, ora che ci faceva caso, forse perché stava calando il sole e Sogno rifletteva un po’ meno luce, Teodoro era proprio a pochi passi. Brucava l’erba come una pecora e aveva delle piccole ali ai lati della groppa.
«A-ah! Lo sapevo che non era reale tutto questo!» esclamò, correndo verso il proprio cavallo. «Non esistono i cavalli con le ali» disse, fiera di se stessa.
«Uhm…» commentò Dubbio. «In realtà ne esiste uno ogni volta che qualcuno cavalca un ronzino.»
«Mai sentita l’espressione “Vola come il vento”?» chiese Sogno, avvicinandosi. Margherita, di nuovo a bocca aperta, lo vide accarezzare Teodoro sulla criniera prima di puntarle lo sguardo addosso. E quando lo fece, lei sentì nel cuore uno strano calore, come se tanti piccoli pezzi di un puzzle andassero al proprio posto.
«Sì, ma…»
«Niente ma, ecco tuo padre. Ci vediamo più tardi a casa! Ah, e lasciami una di quelle polpettine di cioccolato che tua madre ha fatto per dessert, ti spiace? Hanno l’aria di essere deliziose!»
Poi Sogno e Dubbio svanirono, e Margherita si ritrovò distesa per terra, un fortissimo dolore sul naso e qualcosa di morbido sotto la pancia.
«Tesoro! Stai bene? Ti sei fatta male?»
Margherita si alzò a fatica, aiutata da suo padre e dall’istruttore. Teodoro, poco più avanti, aveva l’aria colpevole, ma sulle sue spalle… le ali non c’erano più.
Aveva sognato ogni cosa?
Solo quando fu portata fin dentro ai box, per accertamenti, si rese conto di avere tra le mani un cuscino a forma di nuvola.

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