Un sogno meraviglioso #2

Sinossi:
Margherita è una bambina di nove anni, dalla vita frenetica e tutti i pomeriggi impegnati dalle mille attività scelte per lei da sua madre. Ha un sogno nel cassetto, che però ha ben poco tempo per coccolare o seguire. Anzi, a dirla tutta non sa neanche bene quale sia. Presa com’è dalla danza, dalla scuola, dal corso di fotografia e addirittura quello di pittura, Margherita non riesce a coltivare il desiderio di studiare lo Spazio e le leggi che lo animano: pianeti, costellazioni e… vita intelligente tra le stelle!
Finché, durante una lezione di equitazione in groppa a Teodoro, non si imbatte in una strana farfalla di cristallo. È luminosa, sgargiante, e fa talmente tanta luce che il cavallo si imbizzarrisce e Margherita cade. E inizia a sognare… oppure quella che vive è la realtà? Sogno Meraviglioso e Dubbio Atroce sembrano verissimi: uno ha gli occhi viola come Nettuno, le lentiggini rosse come Marte e un sorriso abbagliante come i raggi del sole, e l’altro… è vorticoso e infinito come solo una stella esplosa potrebbe sembrare nel bel mezzo dell’universo.
Insieme a loro, Margherita scoprirà quanta forza ci vuole per inseguire ciò che si desidera, ma anche quanto amore sia necessario donare per fare in modo che la felicità degli altri sia anche la propria.
Per sognare e realizzare ciò che si ha nel cuore ci vuole coraggio, fantasia e un sorriso sulle labbra, ma anche e soprattutto degli amici con cui condividere ogni cosa: le gioie, ma anche le delusioni.

Capitolo 2

A caccia di luccicanti scie

Quel giorno Margherita si sentiva inquieta. Un po’ perché fare pianoforte non le piaceva (era un vero disastro, in realtà) un po’ perché aveva sbagliato la verifica di italiano e un po’ perché sua madre stava progettando qualcosa. Era chiaro, lo vedeva da come si mordicchiava le labbra, sovrappensiero. E poi stringeva il volante così forte che sembrava quasi potesse sfuggirle da sotto ai palmi in un battito di ciglia.
«Mamma, ascolta… non è che oggi potrei saltare le lezioni di pian…»
«Sai quella tua amica… Claudette?» la interruppe sua madre, guardandola dallo specchietto. Margherita, aggrottando la fronte, la osservò perplessa. «Ma sì, quella con i capelli biondi, che porta sempre le trecce…»
«Sharon…»
«Sì, lei! Brava, tesoro. Sai, sua madre mi ha detto che domenica andranno a fare una gita fuori porta. Pensavo che potremmo farlo anche noi.»
Oh, no!
«Uhm…» tergiversò, per niente raggiante all’idea. «Ho sentito le previsioni per la settimana, e pare che domen…»
«Pensavo che potremmo andare in una di quelle fattorie didattiche di cui si parla tanto. Sai, quelle in cui mungi le vacche, saluti i coniglietti, dai da mangiare alle bestie.»
Sua madre non la ascoltava nemmeno, così Margherita si strinse nelle spalle e guardò fuori dal finestrino.
«La madre di Claudette…»
«Sharon.»
«Sì, lei, mi diceva che ce n’è una, poco fuori città. Loro ci sono andati la settimana scorsa e sembra che la tua amica si sia divertita tantissimo. Devo parlarne con tuo padre, prima che compri il biglietto dello stadio o magari si metta in testa di sentire qualche amico. La domenica va passata in famiglia, i bambini devono respirare aria pura, sana, andare fuori città, e non respirare lo smog. E poi mangiare cibo nutriente, muoversi, fare nuove esperienze, divertirsi, essere attivi, bla bla bla…»
Margherita, annoiata, decise di annuire, fare finta di ascoltare quell’interminabile sproloquio di bla e ble e osservare la strada e i passanti. Ah, certo, era noioso anche quello.
Conosceva a memoria ogni angolo, ogni sasso, ogni albero.
D’altronde ogni venerdì, puntuali come orologi della Foresta Nera, lei e sua madre percorrevano quel tragitto fino alla scuola di musica.
Pianoforte: il suo incubo.
Non che non le piacesse il suono, sia chiaro, anzi lo adorava. Così come amava la musica in generale. Ma in generale non significava che andasse matta per quella robaccia che le facevano suonare, lenta e noiosa. E poi lei proprio non riusciva a far funzionare le mani come avrebbe voluto il suo maestro. Le scale erano complicate e a lei sarebbero servite delle dita lunghe almeno il doppio.
Per non parlare delle gambe, che a stento arrivavano ai pedali.
Già, be’, non era proprio una spilungona… per la verità era proprio bassina, tanto che un amico di suo padre la chiamava sempre “puffetta”. Suo nonno, di gran lunga più simpatico, l’aveva sempre definita una bambolina, ma non come quelle che se ne stanno lì a farsi fare i boccoli. No, diceva che lei era più simile a quelle che tutt’a un tratto parlavano, facendoti prendere un colpo se non ci stavi attento.
Aveva personalità, diceva suo nonno, e a Margherita questa cosa era sempre piaciuta.
Un po’ come il suo cavallo Teodoro...
Ecco, quella era l’unica, tra le attività che sua madre la costringeva a fare, che non le pesava affatto. L’equitazione, per lei, era come prendere finalmente una boccata d’aria fresca, viaggiare galoppando sulle ali scure di quel destriero buono e docile, ma fiero e nobile.
Teodoro, il suo amore tutto criniera e nitriti.
«Arrivate!» trillò sua madre, balzando giù dall’auto come una gazzella, e a Margherita non rimase che seguirla, il broncio dipinto in faccia. Mentre apriva la portiera, però, uno strano scintillio le balenò davanti agli occhi. Aggrottò la fronte, poi si stropiccio il viso con le nocche. Lo scintillio era ancora là. Sembrava che fosse una farfalla, ma fatta di vetro. Anzi, di cristallo.
«Un prisma…» sussurrò.
«Cosa dici, tesoro? Dai, che stiamo facendo tardi» la sollecitò sua madre, strattonandola quel tanto che bastava per farla spostare di lì.
Lo scintillio scomparve all’improvviso. Un attimo prima c’era, quello dopo non c’era più; Margherita si chiese se lo avesse visto davvero o se fosse stato frutto della sua fantasia.
«Tesoro? Sei sulle nuvole oggi, che hai? Ti senti male? Stai covando l’influenza? Stasera a casa ti do un po’ di quei semini che mi ha consigliato la madre di Annuccia, ok? Così vedrai che non perderai neanche un’ora di lezione. Nossignore.»
«Menomale…» sospirò Margherita alzando gli occhi al cielo, poi non le restò che trascinare i piedi lungo il viale lastricato e seguire la madre.
Disegno di Simone


Quella sera, Margherita faticò a prendere sonno. Continuava a ripensare a quello strano scintillio. Era convinta si fosse trattato di un fenomeno naturale, ma non sapeva proprio come si chiamasse. Purtroppo non aveva avuto né il tempo di controllare su internet, né l’opportunità di leggere su l’enciclopedia scientifica di suo nonno.
Sospirò per l’ennesima volta, girandosi su un fianco, e si impose di dormire. Il giorno seguente non ci sarebbe stata scuola, ma sua madre aveva organizzato un brunch, o un lunch (non ricordava mai la differenza tra le due cose) con delle sue amiche. Le madri di Gurleen e Sonia. Al pensiero lo stomaco le si accartocciò. Non le sopportava, quelle due: erano così smorfiose, con i loro vestiti chiari e sempre perfetti…e poi non facevano che parlare dei personaggi della tv che andavano di moda, mentre lei guardava ancora i cartoni animati. E lo avrebbe fatto per sempre, poco ma sicuro.
Per fortuna tra loro ci sarebbe stato anche Andrea. Perlomeno, con lui avrebbe potuto parlare dell’ultima caccia ai pokemon.
«Tesoro, dormi?» le chiese sua madre, facendo capolino.
«Quasi» sbadigliò Margherita.
«Brava, così per domani sarai riposata. Vedrai che ci divertiremo. Ci svegliamo presto, con l’aria frizzante del mattino, e dopo aver fatto un po’ di spesa prendiamo due succhi d’arancia al bar e andiamo al parco con le tue amichette, ok?»
«Ok» borbottò. «Senti, mamma…»
«Sì, tesoro?»
«Non mi piace pianoforte» confessò. «Ci ho provato, davvero, però…»
«Oh, amore, ma non devi preoccuparti così… va bene. Se non vuoi più andarci va bene» le assicurò sua madre, accarezzandole una guancia. Margherita, illuminandosi, sorrise raggiante. Non era stato per niente difficile… perché non glielo aveva detto prima?
«Oh, mamma, io…»
«Stavo pensando che potresti iniziare quel corso di teatro che mi ha segnalato la madre di Roberto, eh? Che ne dici?»
«Ah… io…»
«Ma non pensiamoci adesso, ok? Ne riparleremo domani. Adesso, sotto le coperte e sogni d’oro!»
Margherita rimase da sola al buio, il broncio sulle labbra. Uffa. Aveva sperato di poter lasciare pianoforte e potersi dedicare a quello che le piaceva, una volta tanto. Magari leggere quel libro sulle stelle, o quello sui vulcani... oppure quello che parlava di civiltà extraterrestri nelle altre galassie. Roba per ragazzi grandi, ma forte!
Fu così che si addormentò, sognando alieni e stelle, col sorriso sulle labbra e un’espressione beata.
Prima di piombare in un sonno profondo, tuttavia, le sembrò di intravedere ancora un debole scintillio che sfarfallava tra le ombre della sua stanza. Uno scintillio che poi si innalzò in volo oltre la finestra, confondendosi tra le stele nel cielo buio.

Commenti

Post più popolari