Dai racconti di Cha'Tima: il Windigo

«Ragazzi» proruppe Cha'Tima, alzandosi dal divano in salotto. Stringeva nella mano forte e ossuta il suo immancabile succo di zucca; l'andatura, mentre si spostava verso il tavolo e poi fin sulla soglia, non sembrava più quella di una volta, eppure Cole vedeva in lui lo stesso saggio signore che una volta lo aveva aiutato a sconfiggere un'intera orda di soldati fantasma.
«Zio, dove stai andando? Lo sai che non possiamo uscire!» lo redarguì Aquene, accigliata, parandosi davanti alla porta con le braccia allargate. Sembrava voler dire: di qui non si passa!
Be', non aveva certo tutti i torti. A Everseen, infatti, era arrivato uno strano virus, tanto subdolo e invisibile quanto potente e tenace. Provocava strane febbri e respiri rantolanti, ma per Cha'Tima non era niente in confronto a quello che da sempre avevano dovuto fronteggiare giù alla riserva. Tra la minaccia del Generale, la maledizione sulla città e l'influenza di Nube che Corre, nulla più ormai gli faceva paura.
Ciononostante il vecchio non sembrava per niente intenzionato a discutere con la ragazzina, e infatti Cole lo vide sospirare e fermarsi, il bicchiere ben saldo tra le mani.
«Aquene, non sto andando da nessun'altra parte che non sia la mia proprietà. Il fatto che voi foste qui da me quando è scattata tutta questa storia della quarantena non è certo un buon motivo per farmi stare fermo e immobile sul divano!»
«Ma tu sei anziano, zio, e devi stare più attento di chiunque altro!» insistette Aquene, ostinata. Di nuovo, Cha'Tima sospirò, ma stavolta Cole lo vide persino alzare gli occhi al cielo.
«Cercherò di ignorare il fatto che mi hai dato del vecchio decrepito, ragazzina impertinente» la redarguì l'anziano bonariamente. «Pensa se lo avessi detto a una tipetta gentile e tranquilla come Gertrude...» insinuò, strizzando loro l'occhio.
Oddio, Gertrude! Al solo pensiero di avere a che fare con sua nonna, Cole iniziò a sudare freddo. Per un intero secondo si ritrovò a compatire i suoi genitori, costretti in casa con quella megera, ma poi pensò al fatto che lui era alla riserva e tanto bastò per fargli tornare il sorriso.
«Cosa stavi per fare, Cha'Tima?» gli chiese, avvicinandosi ad Aquene per tentare di spostarla dalla soglia.
«Volevo chiedervi di aiutarmi ad accendere un falò. Non posso partecipare al Gran Consiglio degli anziani, ma posso raccontarvi qualche storiella interessante della nostra tribù per passare il tempo. Mi sono stancato di svuotare zucche, impastare tortillas e cuocere torte. Voglio assaporare qualcosa della mia normalità.»
«Mi sembra giusto» annuì Cole, spingendo una volte per tutte Aquene da davanti la porta.
«Ehi! Ma che fai?» protestò l'amica, la fronte aggrottata.
«Aquene, se il virus ti vedesse adesso, combattiva come sei, scapperebbe. Quindi non credo proprio correremo il rischio di essere infettati» la rimbeccò Cole abbassando la maniglia. «E poi siamo solo noi tre, non c'è proprio pericolo.»
«Ma le restrizioni...»
«Non stiamo mica andando a zonzo per la riserva,eh?» disse ancora Cole, uscendo in cortile. «Piuttosto, dammi una mano a radunare la legna, che da solo non ce la faccio.»
Sotto lo sguardo divertito dell'anziano, Cole e Aquene presero a radunare ciocchetti e rametti secchi, poi predisposero tutto in modo da formare una specie di casetta e infine accesero il fuoco come gli aveva insegnato tempo addietro il signor Takoda.
«Molto bene» sentenziò Cha'Tima una volta che il grande fuoco iniziò a crepitare e scoppiettare nel buio. La notte era tersa, limpida, e la luna enorme che svettava nel cielo impediva loro di vedere le miriadi di stelle che Cole immaginava esserci proprio al di là della luce.
Si sedettero tutti e tre attorno al falò e Cha'Tima prese la parola per primo.
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«Oggi vi racconterò la storia del Windigo.»

«Il Windigo? E cos'è?» volle sapere Aquene, già dimentica del terribile virus. D'altronde, quando c'è una bella storia alle porte ci si scorda delle brutte cose che ci ruotano intorno. È una legge divina e sacra: le storie scacciano la tristezza e le preoccupazioni.
«Il Windigo è una creatura terribile, perennemente affamata... di carne umana» svelò il vecchio capo tribù, sorseggiando il suo succo di zucca.
«Carne umana?» chiesero in coro Cole e Aquene, guardandosi nel buio. «E come... dove... vive?»
«Non è ancora ben chiaro come sia nato il primo, né quanti ce ne siano in giro, ma sentite qua questa storia...
C'era, nella nostra tribù, un cacciatore abilissimo di nome Serpe che striscia. Oh, non fatevi ingannare dal nome: era persona fiera e leale, bravissimo in ciò che faceva e onesto con i suoi familiari. Purtroppo un giorno cadde in un burrone e perse i sensi. Ci fu un gran tumulto nella riserva, tutti lo cercarono e chiamarono a gran voce, ma nessuno riusciva a trovarlo.
Serpe che striscia restò sul fondo del burrone per due notti e due giorni, prima di riprendere i sensi. Era ferito gravemente, perdeva molto sangue e aveva una gran sete. A quel tempo...»
«Di quando parliamo?» volle sapere Cole, avvinto.
«Non è ben chiaro se la storia risalga ai primi anni della caccia al bufalo o agli ultimi della scoperta della tarantola assassina, ma so per certo che voi non eravate ancora nati, e neanche io» rispose Cha'Tima, strizzandogli l'occhio. Prese un altro sorso di succo di zucca e riprese il racconto.
«Insomma... la situazione di Serpe che striscia era davvero disperata. Se non avesse bevuto dell'acqua quanto prima, o se non avesse mangiato qualcosa, per lui non ci sarebbe stato più niente da fare. Giunse la terza notte e Serpe che striscia era ormai agonizzante. Poi, d'improvviso, sotto una luna molto simile a quella di stanotte si avvicinò un uomo. Serpe che striscia pensò subito si trattasse di un membro della tribù, quindi iniziò a gridare aiuto, a implorare qualcosa da bere e da mangiare. L'uomo, che era in verità molto più alto di un semplice essere umano, si limitò a restare in silenzio, ad avvicinarsi e a lasciargli delle bistecche sanguinolente e un otre di acqua. Serpe che striscia aveva fin troppa fame per scandalizzarsi del fatto che la carne non fosse cotta, quindi si avventò sul cibo e lo sbranò letteralmente, innaffiando tutto con grandi sorsate d'acqua fresca. Sembra che il sapore della carne fosse orribile, quasi simile al cibo andato a male, ma il nostro vecchio amico aveva troppo bisogno di nutrirsi.»
«E poi?» domandò Aquene, gli occhi sgranati.
«I giorni passarono, e ogni notte, puntuale come la civetta che si posava sul ramo più alto di un abete poco distante, l'uomo sconosciuto si avvicinava, lasciava qualcosa da mangiare e andava via. A mano a mano che Serpe che striscia si nutriva, iniziava a trovare quel cibo sanguinolento sempre più prelibato. Inoltre notò che il suo corpo guariva in fretta, sempre più in fretta. E durante il giorno, quando cercava riparo dal sole cocente schiacciando dei pisolini all'ombra di una roccia, faceva degli strani sogni.»
«Dei sogni? Che tipo di sogni?» lo pungolarono Cole e Aquene, sempre più vicini. Un gufo, proprio sopra le loro teste, iniziò a bubbolare, il che fece saltare e avvicinare entrambi all'anziano. Cha'Tima mantenne uno sguardo scaltro, concentrato, fisso sul fuoco crepitante. Sembrava non rendersi conto del loro spavento.
«Sognava di inseguire i membri del suo clan e di sbranarli uno a uno. Quando si svegliava, spesso di soprassalto, la sensazione che provava era una mescolanza di senso di colpa e desiderio... Desiderio di rincorrere davvero qualcuno per mangiarselo di gusto.»
«Oddio, si stava trasformando?» chiese Cole, atterrito.
«Proprio così» annuì Cha'Tima. «In realtà, l'uomo che ogni notte gli faceva visita era a sua volta un Windigo. Sembra che si sentisse solo e che per questo avesse deciso di salvare Serpe che striscia invece che mangiarlo come gli dettava la sua natura.»
«Ma quindi sono dei... cannibali?»
«Sì, ma molto più forti, Aquene. Una volta che l'essere umano si è tramutato in Windigo, perde ogni caratteristica di ciò che era. Acquisisce forza, velocità e immortalità. Il suo corpo si fa alto e scheletrico, le sue labbra svaniscono e i denti diventano lunghi e affilati. Riesce a imitare bene la voce umana e i versi degli animali, e può seguire la sua preda per miglia e miglia senza mai stancarsi. Inoltre sembra che quando i suoi piedi si consumano, cadano e vengano sostituiti in breve tempo da un altro paio.»
«Ma è disgustoso!» sbottò Aquene con una smorfia.
«È una macchina letale...» sussurrò Cole, terrorizzato.
«Proprio così» convenne Cha'Tima. «Per questo è fondamentale non andare mai in giro di notte, specialmente in inverno. Il Windigo è figlio del freddo, sapete, e il suo cuore è di ghiaccio...»
«Ah, ho una paura del diavolo adesso» squittì Aquene, rabbrividendo.
«Oh, ma che fifona» ridacchiò Cole, cercando di mostrarsi più forte. Proprio in quel momento, però, una poiana lanciò un grido che fece saltare e urlare entrambi per lo spavento.
«E poi sarei io la fifona!»
«Ok, ok» disse Cha'Tima, sorridendo «vedo che la storia del Windigo vi ha... scossi. Direi che possiamo rientrare, adesso. E poi mi è venuta una certa fame. Che ne dite se ci facciamo una bella bistecca di mezzanotte?» chiese poi, alzandosi.
«Da domani divento vegetariana!» esclamò Aquene, orripilata.
«Ah, io mangerò solo frutta e muschio!» si unì Cole, seguendo Cha'Tima in casa.
«Ma è solo una leggenda, ragazzi... solo una leggenda.»
Cha'Tima chiuse la porta e sprangò le finistre, e proprio in quel momento la poiana riprese a gridare. Solo allora Cole si ricordò che nella riserva non c'era alcuna poiana.

   
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